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La Parola del Parroco

Mentre scrivo queste righe, guardo il calendario che mi conferma che siamo ormai arrivati alla fine del mese di febbraio. Sono all’incirca due settimane che sentiamo dalle televisioni, o leggiamo dai giornali, una frase che quasi tutti abbiamo imparato a memo ria: “condizioni critiche ma stazionarie”. Mi riferisco alle condizioni di salute di Papa Francesco, ricoverato al Policlinico Gemelli da sabato 14 febbraio, all’ormai più che famoso decimo piano.
Negli ultimi giorni la frase “bollettino medico” si è modificata, facendo intuire che le “condizioni critiche dimostrano un lieve miglioramento”. Per questo moti vo tra i suoi più stretti collaboratori e – con loro – tutta la Chiesa, sta guadagnando fiducia nella possibilità di avere, anche se in tempi non brevi, il Papa ‘in mezzo a noi’. Perché proprio questo è il suo unico e prezioso servizio nella Chiesa Cattolica: ESSERE e STARE IN MEZZO. In mezzo ai poveri, ai bambini, alle persone fragili, ai peccatori, a coloro che sono in guerra, per trovare insieme le strade che conducono alla pace. Può fare questo perché ha imparato a STARE DAVAN TI al Signore Gesù: in concreto ha imparato a stare in ginocchio, a stare in preghiera, a stare in silenzio, ‘sotto la Croce’.
Nelle letture dei giorni feriali del periodo dopo la Pasqua, leggiamo dagli Atti degli Apostoli questo interessante momento della vita della Chiesa. L’apostolo Giacomo viene ucciso, mentre Pietro e Giovanni, dopo essere stati arrestati, si trovano in carcere. Il testo dice che “mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui” (At 12,5). Nei momenti bui e di gran de difficoltà la Comunità Cristiana sa cosa fare fin dall’inizio: pregare incessantemente il Padre di Gesù, perché sia vicino a Pietro come è stato vicino al Figlio nel momento della prova.
Ma abbiamo anche un altro testo, questa volta nel Vangelo di Marco, che ci aiuta a ‘vedere’ quanto sono preziosi i gesti umani che hanno a che fare con la malattia e il dolore. Ci viene ricordato che “La suocera di Pietro era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servir li” (Mc 1,31-31). In questo breve racconto abbiamo la sollecitudine dei discepoli per la malattia della donna, la prossimità di Gesù che le prende la mano, e per finire la gratitudine silenziosa per la guarigione che si traduce in prontezza del servizio. Sono parole di una umanità intensa, delicata, indimenticabile.
Che altro volete aggiungere? Leggo commenti, ascolto interviste, percepisco non-detti, che sciupano la sobrietà dell’atteggiamento fissato in quelle poche righe di Vangelo. Noi vogliamo parlare a Gesù del nostro Papa – a letto con la febbre – con tanto affetto e speriamo con tutto il cuore che Lui lo rimetta in piedi delicatamente, per consentirgli di riprendere il servizio di cui gli siamo grati. Nello stesso tempo siamo immensamente grati a coloro che si prendono cura del nostro Papa con tutti i mezzi umanamente disponibili. Per questo, nella nostra preghiera, e con tutta la tenerezza possibile, cerchiamo di parlare a Gesù della nostra riconoscenza per lui. Papa Francesco inaugurò il suo ministero chiedendo al popolo di Dio di essere benedetto e invocando di “non dimenticarsi” di pregare per lui, come fa sempre, al termine di ogni incontro. Così noi onoriamo questa sua richiesta, e quasi la sigilliamo al centro del nostro cuore. Possiamo fare di più? No, basta questo!
Don Maurizio